TERRA DE LECTO: LA SORPRESA DI LETTOPALENA

Terra de Lecto

Il Sentiero della libertà, nel suo tracciato ufficiale, collega direttamente Palena con Taranta Peligna. Abbiamo deciso però di aggiungere una tappa supplementare al nostro percorso, per scoprire la storia di uno dei paesi che durante la guerra ha subito le perdite più importanti: Lettopalena. Lì dove pensavamo di trovare solo rovine però, ci siamo ritrovati ad ammirare i germogli di una vitalità caparbia e innovatrice. Intervista alla professoressa Giuseppina Cinque dell’università di Tor Vergata e alla sindaca di Lettopalena, Carolina De Vitis.

Il nostro obiettivo, attraverso il Sentiero della Libertà, è quello di raccontare la storia di questi luoghi, ma anche il loro presente. Di fronte a noi, vediamo il passato di Lettopalena. Qual è il suo presente?

Prof.ssa Giuseppina Cinque: Lettopalena, durante la guerra, è stata una delle roccaforti tedesche. Questo permetteva agli occupanti di avere una grande cognizione del territorio, aspetto che rese la guerra ancora più tragica: i tedeschi si spingevano sulle montagne, mentre i partigiani viaggiavano lungo le vallate. Questi paesi, e Lettopalena ne è un esempio, sono stati minati proprio per bloccare l’avanzata degli alleati. 

Per quanto riguarda il presente, capire cosa si può fare oggi è dura. Esiste un frazionamento letale dei micro-comuni, dovuto proprio al periodo post-bellico, che crea grandi difficoltà nell’organizzazione di uno sguardo più ampio per l’utilizzo e il risalto di questi luoghi.

Le idee sono tante, volte a convogliare dell’attenzione verso questi posti, che sono paesisticamente spettacolari.

È la disseminazione di queste notizie che deve essere portata avanti, insieme ad un raccordo politico e amministrativo, possibile grazie alla presenza di pochi sindaci illuminati. 

In cosa consiste il progetto di ricostruzione che state portando avanti?

Prof.ssa Giuseppina Cinque: Insegno a Tor Vergata, alla facoltà di ingegneria, ma ho una laurea in architettura con una ricerca tendenzialmente storica, se non archeologica. Dal momento che sono originaria di questi luoghi, per essere precisi di Lama dei Peligni, ho raccolto alcuni colleghi delle università di Chieti, di Bologna e del politecnico di Milano e insieme abbiamo provato a creare un progetto su tutta la vallata, il progetto della linea Gustav.
L’obiettivo di questo progetto, che prevede anche l’intervento di alcuni economisti, è quello di rivalutare la perdita identitaria della memoria storica di questa vallata attraverso alcune operazioni di recupero della memoria e di ricollocazione dell’identità, per poi far confluire queste informazioni in un progetto che possa ridare un apporto economico all’intero arco della vallata.
Certo è che per fare questo occorre una rete di comuni che lavori insieme. 

Lettopalena

In che modo avete lavorato sul paese vecchio di Lettopalena? 

Innanzi tutto, volevamo pensare di ridare un’immagine della memoria visiva di questi luoghi. Quindi con Carolina (De Vitis, sindaco di Lettopalena, ndr) abbiamo sviluppato un’immagine in realtà aumentata di una piccola parte del centro storico, a partire dalla piazza della chiesa con la prima strada e la prima porta. In seguito, l’interno di una casa per dare un’idea della loro semplicità.
Abbiamo ricostruito il modello virtuale di quest’area solo sulla base di foto e di testimonianze verbali, visibile ora attraverso i visori. Bisogna lavorarci ancora sopra, ma è un progetto fatto senza fondi e andiamo avanti come possiamo. La previsione sarebbe quella di completare la mappatura intera del paese.

Perché partire proprio da Lettopalena?

Perché non c’è più.

Quindi era opportuno partire dal fissare la memoria di quello che sta scomparendo giorno per giorno.
Quando ero piccola e venivamo qui a fare le
sciuscellette (scampagnate, ndr), il paese era molto più integro rispetto ad oggi. Le case erano molto più visibili, se ne apprezzavano i vani interni. Ma oggi la vegetazione si stia impadronendo di questi ultimi lacerti di memoria, è importante quindi fissarli e mantenerli.

Parlando di quello che è rimasto del paese vecchio di Lettopalena, alle vostre spalle, oltre il ponte, cosa vediamo? 

Carolina De Vitis, sindaca di Lettopalena: da qui vediamo la chiesa, risparmiata dai tedeschi, ma non dagli abitanti di Lettopalena.
A pensarci, ogni cosa ha senso nel suo momento storico: dopo la guerra, gli abitanti avevano bisogno di ricostruire la chiesa nel paese nuovo e smantellarono quella del paese vecchio. Per poter attingere ai finanziamenti – così ci hanno raccontato – fu distrutta la vecchia chiesa per poterla ricostruire sulla piazza del nuovo paese.

Abruzzo Lettopalena

Oggi ne rimangono solo ruderi, la maggior parte coperti dalla vegetazione.
La nostra amministrazione, composta prevalentemente da giovani legati alla memoria storica del proprio paese, ha realizzato diversi eventi in questo luogo ormai abbandonato negli anni, dalle “Giornate della Memoria”, con rappresentazioni teatrali, culturali e artistiche legate alla nostra storia, ad un evento estivo, musicale ed enogastronomico, denominato “La Notte dei Tempi”.

La manifestazione inizia qui (alla fine del ponte, ndr): su questo grande masso sul ponte viene proiettata l’immagine del vecchio paese, delle fiaccole accompagnano i visitatori lungo il percorso fatto di stands, gruppi musicali e ruderi illuminati come in un presepe. 
Il nostro progetto  più importante e ambizioso però è un altro: poter attingere a fondi per una riscoperta permanente e in sicurezza del paese.

Alcune abitazioni sono riuscite a salvarsi?

Prof.ssa Giuseppina Cinque: Si, e poi quello che non fecero loro, lo fecero il tempo e gli abitanti. Ma è anche normale.

L’Abruzzo è stata una delle regioni più dimentiche dagli uomini, da Dio e dal mondo.

Per fare un esempio, tutti i viaggiatori del Grand Tour (XVII-XVIII s., ndr), stando a Napoli, sentono parlare dell’Abruzzo. Uno di loro, Lord Hamilton, riesce ad arrivare solo fino ad Avezzano, perché procedere sarebbe stato troppo pericoloso a causa della presenza di lupi, orsi e briganti.

Proprio queste valli dell’entroterra diventano le meno note, le meno vissute, le meno circostanziate. A tal punto che l’Abruzzo, e questa vallata in particolare, è stato scelto negli anni ’50 come progetto pilota per aree molto povere in Italia, insieme a quelle della Basilicata. Solo che il caso della Basilicata si conosceva, invece quello dell’Abruzzo no.

Bisogna immaginare una popolazione che davvero non aveva più nulla da mangiare a causa delle razzie tedesche: avevano distrutti i campi, tolti i raccolti, tolti gli animali, tolte qualsiasi provviste. C’erano persone che non mangiavano per giorni interi né aveva come vestirsi. Gente che non aveva casa e che viveva nelle grotte. Se ci sono le pietre già tagliate del paese vecchio, si usano.
Bisogna immedesimarsi in questa realtà di poverezza estrema, anche mentale. Portata avanti per parecchi anni, perché qui i tedeschi sono arrivati subito e sono rimasti a lungo.

Se ci sono ancora persone che ricordano il tempo in cui il paese vecchio era abitato, che rapporto hanno con i suoi ruderi? 

Carolina De Vitis, sindaca di Lettopalena: Un rapporto fatto di tanta nostalgia, tanto dolore, tanta sofferenza.
Inizialmente i lettesi si spostarono nella parte superiore dell’altro versante della valle, ma i tedeschi li fecero andar via anche da lì. Decisero allora di allontanarsi completamente: il nuovo paese è molto più su.

C’è stata una presa di distanza per non assistere quotidianamente allo spettacolo del paese abbandonato.

Majella

Però sono rimasti lettesi, mentre avrebbero potuto disperdersi negli abitati circostanti…

In tanti sono andati via. Sono dovuti emigrare, la sofferenza di questo luogo porta anche il nome di emigrazione, dei figli dei parenti,… C’è una cospicua comunità di lettesi in Australia. Anzi, possiamo dire sono più lì che qui.

Però si, sono rimasti lettesi, e anche con molto orgoglio. 

Come si sceglie da giovani di diventare sindaci di Lettopalena?

La scelta non è stata tanto consapevole quanto poi la voglia di continuare. Succede che si va via dal piccolo paesino, per studiare, per conoscere, alla ricerca insomma di mondi più grandi.

E poi c’è un momento in cui, probabilmente proprio grazie all’arricchimento conseguente, si torna nel posto del cuore, per aiutarlo a vivere, proprio in nome della sua storia… Ora non vorrei mollare mai.

Carolina De Vitis, qual è il suo luogo preferito in Abruzzo?
Lettopalena. In particolare, il vecchio paese. Qui si sente la storia del paese, si sta bene.

Il suo piatto preferito?
I ravioli, che non sono prettamente abruzzesi, ma è quello che si cucina a Lettopalena nei giorni di festa. Ripieni di ricotta, e adesso ripieni della ricotta di capra di Leonardo della Casetta Bianca.

Qual è il suo proverbio abruzzese preferito?
A lavà la cocce all’asin c s’armett temp e sapon (a lavare la testa all’asino ci si rimette tempo e sapone) forse pensando al nostro ruolo e alla difficoltà di far comprendere a chi non vuole.

Giuseppina Cinque, qual è il suo luogo preferito in Abruzzo?
L’Abruzzo. Io sono particolarmente legata a questa vallata, e  non potrei scegliere un’area rispetto all’altra. Sono nata qui e mi sento fortemente legata a questi posti. Non ci vivo, ma conto di tornarci.

Qual è il suo piatto preferito abruzzese?
Gli spaghetti alla chitarra che preparo io. Uso la ricetta tradizionale, quella con il sugo d’agnello.

Qual è il suo proverbio abruzzese preferito?
Non è un proverbio prettamente abruzzese, ma che come tutti i proverbi vernacolari è condito della sua piccantezza: zump le citruol e và ‘ngul all’ortolane. È significativa la figura di questo cetriolo, che dopo essere stato tanto curato dal medesimo ortolano, salta lì dove all’ortolano deve far male.

Cosa vuol dire per lei la libertà?
Per me che sono una protoanarchica?
La libertà è tutto, e in particolare se parliamo di libertà rapportata a questo contesto, è un approccio alla vita fondamentale.
Non amo oppressori in genere, figuriamoci quel tipo di oppressione che doveva esserci qui in quel periodo. La libertà è fonte di vita, di inspirazione. Ho una grande fortuna nel fare il lavoro che faccio, perché sono padrona di me stessa. Studio dalla mattina alla sera, e questa è secondo me è questa la più grande libertà di tutte.

Questi incontri sono avvenuti durante il cammino che Abruzzo.no ha fatto sul Sentiero della Libertà: