Dialogo 2: Barbara Giuliani e Debora Vinciguerra (Aruru)

©Enzo Correnti

I dialoghi d’artista sono il luogo che abbiamo creato per far dialogare tra loro, liberamente, due artisti Abruzzesi. Un artista fa delle domande ad un altro artista, voi potete leggerne il risultato.

Cosa si saranno dette l’artista Aruru e la Poetessa Barbara Giuliani? Lasciatevi sorprendere…

Barbara Giuliani[Qui trovate la puntata precedente, il Dialogo 1]

Storie di campanelle e di corvi, il forno statico o ventilato?

Si preparava alla lunga giornata, alla lunga nottata dritta sulle due gambe, su due piedi come soldato a guardia per un numero imprecisato di ore.

Preparato il sorriso da mantenere per tutto il tempo. Preparato il banchetto, l’ombrellone per il sole, le luci per la notte.

Il 31 di agosto, sul bordo dell’estate, in una sperduta cittadina del centro Italia per tutto il corso banchetti in fila, in un fiume sfociante a delta nella piazza. E sui banchetti in fila sfilate di campanelle tutte affilate.

Aruru

Lei le aveva fatte con le sue mani, investito dedizione e cura. Un anno a farle e stiparle, le campanelle. Quella ricorrenza era un’ossessione che iniziava quando finiva. Ogni santo anno. Ma dopotutto le piaceva la piazza, quella fiumana di facce tirate a lucido, ciarla e tintinnii che esalavano tutt’assieme dall’asfalto verso la notte impastata alla calura. Dura ma s’ affrontava. Avrebbe anche riempito le saccocce che ci voleva.

Banco pronto allora. Quello era l’attimo prima, uno spazio di calma prima che arrivassero i plotoni di gente. Lei si era seduta sullo sgabelletto a forbice in quel forno statico. Distratta guardò in alto la cornice del vecchio liceo, verso quel cielo sbiadito dalla canicola.

Corov Torvo

Un corvo stava appollaiato. Si dicono brutte cose sui corvi ma a lei piacevano con quelle belle penne nere dai riflessi inchiostro tipo vecchia tinta da uomo. Lei fece un fischio di saluto a quel corvo. Lui gracchiò. Lei inarcò il sopracciglio e l’angolo della bocca. Lui inclinò il capo. Lei modulò un fischio più lungo e articolato, lui raccolse e gracchiò in rima baciata. Lei rizzò la schiena, strinse gli occhi e socchiuse la bocca in lieve stupore. Lui fece fremere le piume sul capo e allargò le ali, allungò il becco verso il basso, si spinse con le zampe giù dal cornicione e lentamente planò sul banchetto di lei. Aveva nel becco uno di quei fiori colorati fatti di confetti che per tradizione i ragazzi regalavano alle fidanzate. Una volta però. Il caldo, faceva davvero troppo caldo. Lei senza dar peso disse buongiorno. Lui posò il fiore e disse:

“Via, vieni via con me, sali sulle mie piume nere, andiamo a fare un giro, mettiamo il forno in modalità ventilata. Ti preparo una cena: un bel tagliere, strozzapreti al Montepulciano e un fresco cerasuolo nei bicchieri.”

Lei raccolse il fiore, gli salì sulla schiena e salirono in alto con le campanelle attaccate alla coda, altro che barattoli dietro le Cadillac.

Corpo=Frutto, di Aruru ©Fabio De Francesco

 

Qui trovate un nostro articolo su Debora Vinciguerra, Aruru

Questo pezzo di dialogo tra Aruru e Barbara Giuliani è stato raccolto da Francesca nel Marzo 2021, il pezzo precedente lo trovate qui.
Foto ©Come da didascalia, quella con le due artiste ©Valeria Tinari, altrimenti di Aruru.