DANIELA TINTI & THE FLOWERS: LA BOTANICA IMPERTINENTE

Flora Fauna Abruzzo

Daniela Tinti, romagnola di sangue, marchigiana di nascita, abruzzese di adozione, è una botanica e naturalista con una passione per la divulgazione “libera ed impertinente”. Attraverso i video e le canzoni del suo progetto Daniela Tinti and the flowers”, ha inventato un nuovo modo per diffondere le sue conoscenze e sensibilizzare il pubblico alla bellezza e alle specificità della flora abruzzese, una delle più ricche in Europa e nel Mediterraneo. 

Daniela, che cosa ti ha portata in Abruzzo e cosa ti ha convinta a rimanere?

In un primo momento, è stato l’amore. Il mio compagno di allora era un ricercatore abruzzese. Ci siamo incontrati all’università di Camerino e lui aveva il desiderio di tornare nella sua regione, che oltre ad essere la sua terra di nascita era anche ciò di cui si occupava nel suo lavoro.

Insieme, abbiamo scritto un progetto per istituire il Centro di Ricerche Floristiche dell’Appennino e lo abbiamo proposto ai parchi nazionali. La proposta è stata accolta dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, dove poi ci siamo trasferiti nel 2001. Nel frattempo, in una delle nostre scorribande in Abruzzo, abbiamo visitato L’Aquila e il lago di Campotosto: pur essendo artificiale, sono rimasta affascinata da questo lago che, aveva tutti i connotati di un ambiente naturale molto ricco, anche in termini botanici.
Ho deciso di fare lì la mia tesi di laurea: ho passato sulle rive del lago i quattro anni della tesi, ho fatto raccolte di campo e identificazioni per arrivare a stilare la
check list completa della flora, un lavoro che ha sancito la mia strada professionale.

Daniela Tinti and the flowers

Il centro di ricerca che abbiamo creato sorge a Barisciano, presso l’ex Convento di san Colombo, e oggi è diventato un

Centro di Eccellenza del Network nazionale Biodiversità: ci sono un orto botanico e un erbario molto importante con circa 90.000 campioni riferiti alla flora appenninica e al Mediterraneo.

Sono entrambi visitabili su richiesta all’ente parco scrivendo a ente@gransassolagapark.it.

Nel 2008 sono stata assunta all’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, coronando così il sogno di lavorare in un’Area Protetta, per l’Area Protetta.
Ho vissuto per 14 anni nella campagna ofenese in un casale di pietra, mattoni e legno, circondato da ulivi e mandorli. Cosa mi ha convinta a rimanere? In realtà non c’è stato bisogno di convincermi.

Forse questa terra selvaggia e piena di sorprese semplicemente mi rappresenta…

Non solo naturalista e botanica, ma anche raccontatrice e cantautrice. In cosa consiste oggi il tuo lavoro?

Dopo venticinque anni di divulgazione botanica per l’ente parco secondo i metodi classici, ho deciso di sperimentare qualcosa di diverso e di introdurre nuovi linguaggi per raccontare queste tematiche, abbastanza tecniche e scientifiche.

Ho inventato questo progetto che mi piace chiamare di libera divulgazione impertinente: libera perché, essendomi svincolata dall’ente pubblico non sono soggetta a vincoli; impertinente perché uso dei linguaggi apparentemente poco pertinenti con i contenuti che vado a divulgare.
Uno di questi è la canzone e tra poco presenterò le prime “cover” botaniche che parlano di specie abruzzesi che mi stanno particolarmente a cuore. Intanto sono usciti i primi tre video della Botanica Impertinente che trovate sul mio
canale youtubetra una battuta e una parolaccia si parla anche di botanica. 

Il mio progetto punta molto sul trash, sul divertimento, sulla simpatia, per poi propinare contenuti tecnico-scientifici: l’idea è quella di attrarre una nuova fetta di pubblico che normalmente non ci si avvicinerebbe.

Abruzzo Flora

Perché l’Abruzzo è così importante per la botanica?

Perché è la regione che accoglie la principale area dell’Appennino centrale, un hot spot della diversità nel Mediterraneo e in Europa, dove si concentra una ricchezza straordinaria in termini di biodiversità soprattutto grazie alle vicissitudini geoclimatiche di questo territorio.

Il parco del Gran Sasso e Monti della Laga è risultato essere l’area protetta europea del Mediterraneo con il maggior numero di specie censite sul proprio territorio: 2665 specie per 155.000 ettari. 

Inoltre, in Abruzzo c’è la vetta più alta dell’Appennino e questo permette di andare dalla flora del litorale, con alcuni lembi di dune ben conservate dove trovano rifugio alcune specie molto rare in Italia, verso le zone collinari, dove ci sono delle specie rarissime, endemiche e puntiformi. Un esempio è quello del goniolinum italicum, che cresce solo in dieci stazioni dell’Abruzzo interno per un totale di mille individui.

Salendo di quota, troviamo poi tutto il contingente delle specie relitte glaciali, con entità molto rare e minacciate da raccolte con scopi liquoristici, come succede per il genepì dell’Appennino, protagonista del mio video “Quanto è fregno raccogliere di frodo”.
È vero che la ricchezza di una biodiversità si valuta soprattutto sul numero di specie, ma è anche importante capire quali specie sono presenti su un territorio. Le specie endemiche daranno un valore alto alla biodiversità, mentre le specie ad ampia distribuzione o – peggio ancora – le specie aliene ed invasive, svalutano la biodiversità.

In Abruzzo c’è un altissimo numero di specie endemiche e un relativamente basso numero di specie esotiche.

Possiamo fare qualche esempio di specie endemiche della regione?

Il goniolinum è quello più a rischio di estinzione. Una specie che merita una menzione d’onore è la ginestra aquilana, genista pulchella sub specie aquilana, un piccolissimo arbusto che in tutto il mondo cresce solo in una zona vicino a L’Aquila, nella zona del passo delle Capannelle, e di cui si possono contare circa 500 individui, pochissimi per una specie.

Poi, ci sono le specie insettivore, che integrano la propria dieta catturando piccoli insetti perché hanno una carenza di sostanze organiche nel terreno. È stata fatta recentemente una recensione sul genere pinguicula che ha portato all’identificazione di una specie e due sottospecie nuove per la scienza endemica abruzzese.

Che cosa si può fare, a livello individuale per contrastare l’arrivo e la diffusione delle specie aliene?

Siamo noi i primi responsabili del fatto che le specie arrivino nel nostro territorio, ma questo vuol dire anche che siamo noi a poterlo limitare e impedire. Innanzitutto ci vuole consapevolezza:

quando si va a fare un viaggio all’estero, spesso c’è la tentazione di riportare a casa come souvenir un seme o un rametto di una piantina esotica per portarla in giardino. Questo gesto, fatto con leggerezza, potrebbe innescare un’invasione di quella specie nel nostro territorio.

Molte delle specie che oggi sono invasive, sono state importate a scopo ornamentale da altri luoghi e poi si sono espanse.

In generale, soprattutto se abitiamo in zone più vulnerabili a questo tipo di attacco, sarebbe il caso di preferire specie autoctone nella creazione del nostro giardino.

Inoltre, potrebbe aiutare molto sapere quali sono le specie aliene già diffuse nel nostro territorio e come si possono contenere: l’esempio del senecio inaequidens è eclatante: si tratta di una specie erbacea con un apparato radicale superficiale, quindi è molto facile da estirpare.

Se ognuno di noi tenesse pulito il proprio isolato, il proprio giardino, il proprio quartiere, contribuirebbe a questa lotta.

C’è un progetto europeo molto importante sulle specie aliene che si chiama Life ASAP e che punta molto sulla responsabilizzazione del cittadino nella lotta contro le specie aliene. Del problema delle specie aliene parlo e sparlo nel mio video “Effetto Ikea”, che spero riesca a divertire, ma anche a far riflettere.

L’obiettivo di Daniela Tinti & the flowers è quindi quello di raggiungere e informare un pubblico nuovo, ma anche di sensibilizzarlo?

Si, perché come il contenimento delle specie aliene, anche la conservazione delle specie rare è nelle mani di tutti noi.
Mi stanno a cuore quelle specie abruzzesi che rendono la flora abruzzese diversa da quella di qualsiasi altra regione. Non riesco ad accettare questo appiattimento. Ogni volta che perdiamo una specie, o che favoriamo l’ingresso di una specie di un altro territorio, è come se la nostra flora diventasse un po’ più simile a quella di una regione circostante, di un territorio vicino. E questa è la prima cosa che dobbiamo impedire.

Ogni biodiversità andrebbe conservata nella sua originalità.

Nel tuo primo video, hai trattato il tema della fitoalimurgia, cioè la conoscenza delle specie vegetali spontanee ad uso alimentare.
Il tuo approccio nasce dall’esigenza di porre un freno a questa moda o di educare ad una fitoalimurgia più consapevole?

La seconda, sicuramente. L’intento non è di frenarle, però credo che se andiamo avanti a promuoverle con leggerezza, quelle poi si freneranno da sole, quando ne avremo capito la pericolosità. Potremmo invece promuoverle insieme ad una consapevolezza, ad un’informazione e ad un apprendimento per riconoscere le piante, per garantire la nostra sicurezza e quella di chi poi consumerà quelle piante.

Se per i funghi c’è da sempre una consapevolezza sulla loro pericolosità, per quanto riguarda le erbe eduli c’è stata una fase in cui la memoria storica sul loro utilizzo si è andata perdendo. Adesso si sta recuperando e l’apparato normativo si sta con la consueta lentezza adeguando a questa esigenza. Però nel frattempo, non sono rari i casi di intossicazione. Il mio intento è quello di dire: raccoglietele, ma prima informatevi. Di corsi di fitoalimurgia ce ne sono tanti in giro.

Io stessa ho lavorato molto con Letizia Cucchiella di Santo Stefano di Sessanio e ci siamo completate.
Lei è una cuoca la cui famiglia di agricoltori ha sempre adottato erbe spontanee nella propria alimentazione, facendo in questo modo da ponte tra la vecchia e la nuova generazione traghettando queste conoscenze ed evitando che si perdessero. Loro avevano la conoscenza empirica, io ho messo la conoscenza scientifica dove ho potuto.

Insieme abbiamo tenuto alcuni corsi di fitoalimurgia che hanno riscosso veramente un grande successo.

fitoalimurgia

Un focus sulla flora urbana, quella di confine, definita dal paesaggista Gilles Clement “il terzo paesaggio” del regno vegetale: come possiamo nel nostro quotidiano diventare garanti di questa biodiversità? Quali parametri utilizzare per distinguere una specie di pregio da una invasiva in ambiente urbano?

Nell’ambiente urbano è ancora più importante sapere che cosa c’è e che cosa va preservato.

Non sono rari i casi in cui specie di elevato valore conservazionistico nelle aree verdi delle aree urbane vengono distrutte, magari con un intento di riqualificazione privo di una conoscenza approfondita degli elementi biologici presenti.
Un gruppo di specie interessanti che spesso si ritrova in ambiente urbano è quello delle orchidee. A Pescara, in un lembo della pineta d’avalos lasciato all’abbandono, si trovava ad esempio una piccolissima popolazione di
opis speculum. Quando i progettisti hanno voluto riqualificare la pineta, purtroppo non hanno tenuto conto della sua presenza, malgrado quella della pineta rappresentasse l’unica stazione nota all’epoca in tutta la regione. Per fortuna, due o tre anni dopo, è stata ritrovata in un altro posto. Però quella di Pescara è andata persa per sempre. 

Per fare un altro esempio, Roio, un quartiere dell’Aquila, è il locus classicus (la specie è stata scoperta e descritta per la prima volta in questo luogo) di un’altra specie endemica tutelata da una direttiva europea, che è l’astragalus aquilanus. Ora, la pineta di Roio rappresenta certo un’area verde, però comunque in ambito urbano. Ovviamente, in ambiente urbano è anche elevato il numero di specie aliene, per questo quel poco che abbiamo di interesse conservazionistico dovremmo tenercelo stretto.

Come si fa ad accompagnarti in montagna? 

Purtroppo, a causa del Covid, quest’anno gli eventi sono fermi o molto disorganizzati sul territorio. Fino all’estate scorsa ho collaborato con l’ente parco per la rassegna Parco in fiore. L’idea era quella di convogliare in un unico contenitore tutte le conoscenze relative al mondo vegetale del parco e organizzarle in eventi, corsi, passeggiate botaniche, corsi di fitoalimurgia, di tintura con le erbe spontanee, di creazione di saponi con le erbe spontanee,… 

Anche se quest’anno non se ne farà nulla, tenete gli occhi aperti per l’anno prossimo!

Anche nell’ambito del mio progetto Daniela Tinti & the Flowers organizzerò passeggiate ed escursioni, sempre con le consuete lezioni semi-serie di botanica.

Concludiamo con le tre domande di rito di Abruzzo.no: qual è il tuo piatto abruzzese preferito?
Il brodo di cardo, quello di Natale con le polpettine…
Qual è il tuo luogo preferito in Abruzzo?
Campotosto, anche per questioni affettive.
Qual è il tuo proverbio abruzzese preferito?
Non è un proverbio, è una canzone:
[Daniela Tinti canta:] So’ sajitu aju Gran Sassu, so’ remastu ammutulitu…
me parea che passu passu se sajesse a j’infinitu!
me parea che passu passu se sajesse a j’infinitu!
Qual è la tua pianta preferita?
Ti stupirò. Dopo aver parlato di piante endemiche rarissime e improbabili, la mia pianta preferita è: il papavero!

Francesca
Toulouse, Luglio 2020
Foto ©Daniela Tinti