Natale in Abruzzo. Cosa significa per voi? Quali ricordi evoca, quali desideri accende? Quali gli odori, i sapori, i luoghi? Ecco il natale abruzzese di Francesca, Venusia e Chiara.
Biglietti presi. Un aereo in partenza da Toulouse avrà un posto attribuito al mio nome per portarmi a casa in tempo per Natale, dopo un’assenza che si prolunga dalla fine dell’estate. Pregusto il momento e penso alle tre o quattro cose che, ai miei occhi, fanno del Natale in Abruzzo un’esperienza unica: il cibo innanzi tutto. Un vassoio di crispelle e ciabbottelli, ovvero un morbido impasto fritto e rilucente da gustare dolce, salato o ripieno di baccalà. Amanti del cibo sano, astenetevi. Sappiate però che, anche evitando di mangiarne, i vostri vestiti ne tratterranno l’odore per giorni.
Da gustare la vigilia di Natale, oppure da usare come centrotavola tentatore in uno dei momenti che più mi piacciono del periodo natalizio: le partite di tombola e di zompacavallo (o cucù) tra amici e famigliari. Può anche darsi che i giochi d’azzardo siano una costante delle feste natalizie un po’ ovunque in Italia, ma in quale altro luogo potrete usare ceci abbrustoliti per coprire i numeri della tombola o da usare come pallottoliere per portare il conto dei punti?
Una musica proviene dalla strada: sono gli zampognari. Il suono proveniente dagli strumenti a fiato che la comitiva di musicisti abbraccia e manipola nel freddo di dicembre potrebbe non risultare esattamente soave alle vostre orecchie. E probabilmente avete anche ragione. Ciononostante, gli zampognari sono i testimoni di un patrimonio tradizionale legato alla pastorizia e alla transumanza che si sta perdendo, e certamente affascinarono i viaggiatori del famoso grand tour europeo che non mancava di passare per l’Abruzzo.
Cosa regalare per Natale? Sono una di quelle persone alla quale piace regalare libri: spulciarli, soppesarli, pensarli per le persone che mi sono più care. E per Natale non manco mai di dare uno sguardo ai cataloghi di due delle case editrici abruzzesi che più mi piacciono: la storica casa editrice Carabba di Lanciano (nel cui catalogo i libri di Gennaro Finamore rappresentano sempre una perla, ma la cui collana “Cultura dell’anima” è una preziosità per pochi iniziati) e la più recente NEO edizioni, nella cui linea editoriale si legge:
Predisposti verso il laicismo dispotico, il cattolicesimo morboso e tutti i fautori del nichilismo ecumenico, amiamo incondizionatamente chi è in grado di fare del disincanto contemporaneo un’arte dalle accezioni poetiche.
Come si fa a dire di no?
Quando il cibo diventa troppo abbondante, uscite di casa per fare una passeggiata e ammirare i paesaggi collinari spesso imbiancati anche a bassa quota. Ma se il Natale risveglia in voi uno spirito bambino, non esitate e affrontate le leggere pendenze collinari a bordo di una slitta. Per questo genere di avventure, qui in Abruzzo non c’è limite di età.
Francesca, Toulouse, autunno 2019
Sarà perché vivo all’estero, ma se penso al Natale in Abruzzo, mi viene in mente subito il ricordo un po’ nostalgico della Squilla lancianese, quando ci ritrovavamo tutti a casa di mio nonno, il più anziano della famiglia. “La squilla“, che affonda le sue radici nel 1600, è una campanella che si trova sulla torre civica, ed il 23 dicembre suona dalle 18 alle 19 per richiamare i lancianesi alla riconciliazione in vista del Natale. Esattamente ciò che facciamo, con semplicità, a casa dei nonni. La tradizione è legata alla processione che dalla cattedrale va alla chiesetta dell’Iconicella per poi tornare indietro, simboleggiando il cammino verso Betlemme. Ma forse è meglio lasciar spiegare la Squilla a Cesare Fagiani:
La Squije di Natale
La Squije di Natale dure n’ora
eppure quanta bbene ti sumente!
Tè na vucetta fine, e gna li sente
pure lu lancianese che sta fore!Ti vùsciche di botte entr’a lu core
nu monne ch’à passate, entr’à la mente
ti squaije nu penzere malamente
nche nu ndu-lin-da-li che sa d’amore.Ve da na campanelle chiù cumune
eppure ti rifà gne nu quatrale,
ti fa pregà di core,’n ginucchiune.Ugne matine sone ma nen vale
la voce de lu ciele, pé ugnune,
chi sa pecché! … le té sole a Natale!
In casa nostra, inoltre, non è Natale se non si mangia il Brodo di Natale, una vera madeleine proustiana per quanto mi riguarda. Mia madre lo fa semplice e buonissimo: brodo di carne, cardo, pallottine e pizza rustica.
Pur essendo semplice, il brodo non arriva mai da solo. Le tavole imbandite abruzzesi non lasciano scampo, e quindi, prima di giocare a tombola o a carte, è meglio fare una bella passeggiata nella natura, per prendere aria fresca e smaltire un poco. Senza andare lontano, sulle stradine di campagna, altrimenti vicino al mare: io amo andare alla Pinetina di Rocca San Giovanni, oppure alla Lecceta di Torino di Sangro (dove si può rendere omaggio a tutti quelli che riposano al cimitero militare).
Infine, se dovete fare un regalo speciale questo natale, vi consiglio di prendere una presentosa. Non a caso, in dialetto abruzzese presentosa significherebbe presente, dono, anche legato al fidanzamento, da mettere in mostra). Che sia nel tradizionale e bellissimo formato gioiello, o impressa sulla terracotta, e’ sempre un dono molto gradito.
Non resta che lasciarsi inebriare dai profumi del natale in Abruzzo.
Venusia, Strasbourg, autunno 2019
Natale per me è la casa dei miei genitori a Lanciano che si riempie di persone, dove ogni camera ospita valige e letti pronti per i pisolini postprandiali. Non immaginatevi eserciti di parenti, ma il numero giusto per creare un’atmosfera unica e speciale.
Anche se le feste per me cominciano già nel momento del viaggio verso casa, con le montagne abruzzesi che pian piano si stagliano all’orizzonte e sono il primo passo per l’ingresso in una dimensione di sospensione che dura per almeno tre giorni: la Vigilia, Natale e Santo Stefano.
Ogni anno si cerca sempre di fare dei regali originali, come può essere la Coperta di Taranta Peligna, un prodotto unico e parte di una tradizione che sta scomparendo. Un manufatto che Gaetano Merlino sta cercando di continuare a produrre accomunando la promozione della coperta con quella del territorio di Taranta.
Ma non è festa se non si affronta il tema menu, e come da tradizione la gallina per il brodo non può mancare e viene ordinata con largo anticipo… già dal primo novembre. Così come non manca mai il dibattito sul fare o non fare il secondo primo, tanto acceso quanto inutile perché poi ci si ritrova sempre seduti a gustare ravioli, o lasagne o rintrocilo dopo l’irrinunciabile brodo.
Le feste di Natale sono anche le chiacchiere la mattina intorno al tavolo con vista sulla Majella distribuendo gli incarichi per la preparazione del pranzo.
E l’immancabile ricordo del dolce nero della nonna, di cui nessuno a casa nostra ha la ricetta, e che vive solo nella memoria delle nostre papille gustative.
Chiara, Roma, autunno 2019
Foto ©come da didascalia, foto di copertina ©Pixabay (modificata)
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