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©Roberta Scorranese

ROBERTA SCORRANESE RACCONTA L’ABRUZZO CON “PORTAMI DOVE SEI NATA”

Un romanzo, tanti personaggi, una terra che si svela attraverso le storie del passato e quelle di oggi. “Portami dove sei nata” mostra i caratteri tipici delle genti d’Abruzzo. Quel rispetto del sacro, ma allo stesso tempo il senso pratico e necessario del profano che aiuta a sopravvivere e superare le difficoltà. 

Nel racconto di Roberta Scorranese si trova l’amore e la voglia di svelare al lettore le vicende dei personaggi che popolano le pagine, ma anche di mostrare la sua “casa”, l’Abruzzo. 

Far conoscere alcune tradizioni, come i serpari di Cocullo (di cui potete leggere qui e qui), o il rito laico dei “pommodori”, ma anche la sua bellezza e il senso della comunità dove tutti sono accolti  e ricoprono un loro specifico ruolo per mantenere un equilibrio precario.

Giornalista del Corriere della Sera che si occupa di cultura e attualità, Roberta ha deciso di raccontare ad Abruzzo.no qualcosa in più del suo “Portami dove sei nata” (Bompiani).

 

  “È nei ritorni che mi ritrovo. Basta poco: un refolo d’aria
umidiccia, un sentore di carne arrostita, il rumore di un fuoco
acceso. Tutto quello che io sono ha una fisionomia che ogni volta mi coglie impreparata o mi fa sorridere”. 

Roberta Scorranese

Il tuo romanzo “Portami dove sei nata” è un ritorno in Abruzzo, nel tuo paese Valle San Giovanni, vicino a Teramo: da dove nasce l’esigenza di tornare a casa?

Da un episodio preciso: nel febbraio del 2017, dopo l’ennesima forte scossa di terremoto in centro Italia, mio papà muore per arresto cardiaco. Era cardiopatico, chissà, forse non ha retto allo spavento, unito ai fortissimi disagi che quell’inverno portò nel Teramano. Una cosa improvvisa, uno choc che però mi ha svegliata da una specie di antico letargo, che durava da anni, da quando lasciai la mia casa per andare a studiare fuori. Avevo diciannove anni e da allora un pezzo della mia vita – la mia famiglia, il mio paese, il mio dialetto, la mia terra – era andata avanti senza di me. Così ho voluto ricostruire quello che io chiamo “il passato non vissuto”.

Il racconto di una famiglia, di un paese dell’entroterra con personaggi e storie che rivelano la natura e l’anima della nostra terra. Al centro ci sono i tuoi nonni, ma come hai scelto tutte le altre storie presenti nel romanzo? Ti sei ispirata a persone e vicende realmente avvenute?

Roberta Scorranese Tutte le storie di questo libro sono reali. Certo, ho cambiato nomi e qualche volta date per non urtare la sensibilità di alcune persone. Sono andata alla ricerca di personaggi di ieri e di oggi, alcuni li ho incontrati personalmente, altri li ho ricostruiti con i racconti di mia madre. E tutti, in un certo senso, me li porto dentro. Nel libro, per esempio, racconto la storia di Zì ‘Ntonio, fratello di mio nonno, che passò la sua vita in un baracchino a costruire una fantomatica bomba, assemblando strani congegni e polvere da sparo. Era un uomo cocciuto e silenzioso e oggi, quando mi ritrovo a dare certe risposte io mi sento molto vicina a lui.

 Nel romanzo, si alternano storie del passato con personaggi legati all’oggi, al post terremoto che ha colpito l’Abruzzo. Perché hai voluto dare spazio alle storie contemporanee?

Perché altrimenti sarebbe stata una semplice celebrazione della memoria, e, per dirla con Bassani, avrebbe avuto “quel vago senso di inutilità che risiede in ogni commemorazione”. Il passato ci deve aiutare a comprendere meglio il presente, sennò non ha senso.

Roberta Scorranese Il nostro sito è nato con il proposito di raccontare l’Abruzzo attraverso le sue genti, chi lo abita, chi c’è nato e continua ad avere un legame con questa terra. Cosa ti lega alla tua regione? C’è qualcosa che nel tuo quotidiano ti riporta alle tue origini?

Quasi tutto. Quella curiosa fede laica che abbiamo noi abruzzesi, quel pragmatismo misto a leggero e ironico fatalismo, la forza di certi modi di dire, il dialetto che prosciuga le vocali.


Roberta Scorranese, per finire, le tre domande di rito: qual è il tuo piatto abruzzese preferito?
Posso menzionarne due? Il timballo con le scrippelle e la pizza dolce.

Il tuo luogo preferito?
Be’, direi casa mia, a Valle San Giovanni, vicino a Teramo. È la casa che fa da sfondo alle vicende del romanzo, grande e con un bellissimo orto intorno. Una volta se ne occupava papà.

Proverbio preferito?
Magn’ ca’ chimp’ e camp’ c’arcurde (mangia così campi e campa per ricordare). Sentite che profondità?

Chiara
Roma, Settembre 2019
Foto ©Roberta Scorranese