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NEL PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO CON TIZIANO TESTA

Tiziano Testa, Accompagnatore di Media Montagna, è riuscito a realizzare la sua passione: unire alla professione di guida escursionistica una conoscenza profonda del nostro territorio e delle sue tradizioni.

Abbiamo deciso di intervistarlo per conoscere meglio la vita d’inverno nel Parco Nazionale d’Abruzzo, quando sembra così aspra ed inaccessibile. Siamo rimaste contagiate dalla calma di Tiziano, pronto ad affrontare ogni paura di fronte ad una tazza di cioccolata calda. 

Tiziano, vorresti presentarti in quanto abruzzese? 

Mi chiamo Tiziano Testa, vivo a Pescasseroli in provincia di L’Aquila e quest’anno compio 46 anni. Ho due professioni: sono proprietario di una pasticceria-cioccolateria e guida escursionistica nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. In particolare, sono un Accompagnatore di Media Montagna (AMM).

Cos’è un Accompagnatore di Media Montagna e qual è il percorso che ti ha portato a questa professione?

La regione Abruzzo, attraverso il Collegio delle Guide Alpine, forma delle vere e proprie guide ambientali. La mia storia è piuttosto lunga, perché sin da piccolo accompagnavo mio padre che faceva il pastore in montagna.

Poi le cose sono cambiate: un conto è andare con il proprio padre in montagna, un altro è portare con sé altre persone. La mia avventura è cominciata quando sono entrato alla Federtrek, un’associazione di Roma, che mi ha proposto di diventare un accompagnatore volontario, dal momento che conoscevo le zone del parco. In questo modo, più di quindici anni fa, ho cominciato a fare l’accompagnatore. Mi piacque, e quando la regione Abruzzo aprì questo bando di concorso per diventare una guida professionale, lo feci.

Cinque anni fa sono diventato Accompagnatore di Media Montagna, un nome che però secondo me non racchiude bene il vero significato della nostra professione.

Qual è il suo vero significato?

Sicuramente far conoscere le montagne e insegnare come camminare in sicurezza. Quello che però ci rende unici è che noi diamo al turista la possibilità di poter capire, oltre ai sentieri, anche tutti gli aspetti antropologici della montagna: non siamo solo persone che salgono in montagna, fanno una performance e tornano giù. Cerchiamo piuttosto di capire quello che siamo stati nella Storia per comprendere come l’Abruzzo si stia evolvendo: cosa eravamo un tempo e cosa stiamo diventando.

La riflessione sull’evoluzione dell’identità della nostra regione è comune anche ad altre realtà che abbiamo incontrato recentemente, come il bioagriturismo Valle Scannese. Secondo te, cosa sta diventando l’Abruzzo oggi?

Per anni mi sono vergognato della professione di mio padre, e del fatto che trascorrevo molto tempo con lui in montagna e con le pecore. Tenevo nascosta la mia origine, come se questa mi impedisse di essere alla pari con i miei amici e conoscenti. Con l’età, per fortuna, ho capito tante cose e ne ho fatto un punto di forza: ho cominciato a studiare la transumanza e ho scoperto un mondo incredibile e diverso.

Mio padre fu uno degli ultimi pastori a fare tutta la transumanza a piedi e vivere la vita che ho vissuto con lui mi rende parte di una categoria di persone davvero speciali.

Ho cominciato a fare un lavoro di ricerca a ritroso per capire chi fossero i pastori dai tempi dell’antica Roma fino ai sanniti, ai marsi e ho scoperto un mondo pazzesco che oggi purtroppo abbiamo perso. Credo di avere il dovere di farlo conoscere e di raccontare questa storia durante le escursioni. 

Sembra una frase fatta, ma per cercare di capire dove siamo, dobbiamo capire da dove veniamo. E io sono arrivato fino a qui perché dovevo cercare di capire da dove venivo. Oggi, è tempo di raccontare queste storie agli altri. 

Quali sono le esperienze che proponi ai tuoi clienti?

Propongo quattro programmi che si differenziano a seconda delle stagioni. Quest’anno è stato un anno particolare a causa della mancanza di neve, quindi molte cose non si sono potute fare. Le ciaspolate, ad esempio.

D’estate invece, riesco a fare passeggiate che coprono anche un dislivello di 800, 900 o 1000 metri e porto le persone sui vecchi tratturi, o alla scoperta di alcuni endemismi propri dell’Abruzzo, sia a livello floristico che faunistico: ci sono fiori e animali che troviamo solo sulle nostre montagne. 

Ho visto che tra i percorsi proposti d’inverno nel Parco Nazionale d’Abruzzo, ce n’è uno dedicato solo al lupo.

Come dicevo prima, ogni stagione ha le sue particolarità. D’inverno, si riesce ad identificare meglio il lupo, perché la neve crea un ostacolo ai suoi movimenti: sono costretti a percorrere sempre gli stessi sentieri e a scendere un po’ più a valle, dove l’incontro con gli esseri umani potrebbe essere fortuito.
Dato che invece d’estate è praticamente impossibile vederli o vedere i segni della loro presenza (tracce, resti di caccia, eccetera), l’inverno vi dedico una particolare attenzione: le loro tracce sono più facili da incontrare e quando siamo fortunati capita di sentirli ululare alla sera, quando si rientra alla luce delle torce.
Sono esperienze forti, che fanno bene anche a me ogni volta che lo sento, quindi posso solo immaginare il piacere che provino i turisti quando questo avviene.

C’è da dire però che la possibilità di incontrare animali durante un’escursione è scarsa. Vedere dei segni di presenza non è come vedere l’animale, certo, però accorcia il contatto. Ti fa capire che in effetti in quel posto c’è qualcosa. E forse questo rende la cosa ancora più allettante, perché non si tratta di un safari.

L’Abruzzo non è un parco giochi immenso dove il turista va per divertirsi e trova quello che vuole. Ovviamente, quando succede, ben venga.

Sul tuo sito scrivi che, quando si va in montagna bisogna rallentare, che con la montagna bisogna avere un rapporto lento. Cosa vuol dire, e qual è il tuo rapporto con la montagna?

Facendo questo lavoro da tanti anni, ho capito che ci sono diverse categorie di persone che scelgono di fare escursioni in montagna. Alcune di loro sono spaventate. E questo ci fa capire che, in realtà, per quanto arrogante l’uomo possa essere, quando poi si trova di fronte alla natura, ha paura. Io voglio portare in montagna le persone che hanno un approccio giusto nei suoi confronti.

Preferisco portare con me le persone che hanno un timore reverenziale nei confronti della montagna, quindi quando dico “a passo lento”, mi riferisco a questo: ad un tipo di accompagnamento che divide il percorso in piccole tappe, che può portare queste persone a raggiungere un punto particolare grazie all’allenamento, ad un’attrezzatura adeguata, ma soprattutto alla consapevolezza di star facendo determinate cose.

Non mi piacciono i turisti d’assalto che vengono la domenica non riportano nulla con loro di quello che è successo, se non foto e fiori strappati.

Le cose, secondo me, devono farsi lentamente. Io stesso, per imparare tutto il territorio del parco, ci ho messo 46 anni. E forse una vita intera non basterebbe per conoscere tutta la nostra regione.

Come concili i tuoi mestieri di pasticcere e di guida?

Accolgo le persone in pasticceria, di fronte ad una bella cioccolata calda per parlare di quello che andremo a fare, cercando di spiegare loro che tutto verrà fatto a misura delle proprie capacità.

Una cioccolata calda serve per rispondere a tutte le problematiche e i dubbi che si possono avere. Il vero pasticcere però è mio fratello, che cerca di riprodurre le ricette di nostra madre. Questo serve anche per chiudere il cerchio della tradizione, dal momento che la gastronomia è un’altra eccellenza del nostro territorio.

Finiamo con le tre domande di rito di Abruzzo.no:

Qual è il tuo piatto abruzzese preferito?

I carratelli con gli orapi, una verdura selvatica che cresce in montagna nel periodo primaverile e che nasce dove c’è stata una forte concimazione da parte delle pecore. Si tratta un piatto della cucina povera abruzzese che mia madre mi cucinava spesso.

Invece il tuo luogo preferito?

È un posto che si trova a pochi km da casa mia, mi ci portava sempre mio padre. Si chiama Stazzo di Valle Caprara.
Quando ci vado, non posso prendere la macchina: mi metto lo zaino in spalla e lo raggiungo con un paio d’ore di cammino.

Per finire, qual è il tuo proverbio abruzzese preferito?

Dato che quest’anno non c’è stata molta neve, scelgo questo: le temp a quann fa, la mort a quann vé.
Che vuol dire “il tempo come vuole fare lui, la morte quando vuole venire lei”.

 

Link utili: http://apiedinelparcodabruzzo.it/, il sito e blog di Tiziano Testa 

Francesca
Toulouse, Febbraio 2020
Foto ©Tiziano Testa